La notte nel cuore – Nihayet alla figlia: «Halil ha perso la vita, vero?»
La pioggia tamburellava sul vetro da ore, come se il cielo stesso stesse piangendo al posto di chi, ormai, non aveva più lacrime. Nihayet camminava avanti e indietro nel salotto, stringendo tra le mani un foulard di Halil, l’unica cosa che sembrava ancora avere il suo odore. Ogni respiro era un colpo al petto. Ogni minuto che passava, un presagio sempre più chiaro.
Aysel rimase sulla soglia, immobile, osservando la madre consumarsi in quel moto ripetitivo, quasi ossessivo. Aveva ricevuto la notizia poche ore prima, e da allora la paura di dirla a Nihayet le era entrata sotto pelle come una lama di ghiaccio. Halil non era solo un fratello: era l’ultima fragilissima certezza di quella famiglia. Come si comunica la morte di una certezza?
«Mamma…» provò a dire.
Nihayet si fermò di colpo. Non si voltò, ma la tensione nelle sue spalle parlò per lei. La donna che una volta dominava ogni stanza con il suo carattere forte e il suo sguardo severo sembrava ridotta a un’ombra di sé stessa.
«Perché non parla nessuno?» chiese con un filo di voce. «Perché da ieri nessuno risponde alle mie chiamate? Perché tutti mi guardano come se fossi fatta di vetro?»
Aysel si avvicinò lentamente. Sembrava di attraversare un campo minato. «Mamma… siediti. Ti prego.»
«Non siedo,» ribatté Nihayet, scossa da un tremito. «Prima voglio che tu mi dica cosa sai.»
Finalmente si voltò verso la figlia. I suoi occhi erano rossi, ma asciutti. Un silenzio carico di verità imminente si distese tra loro. «Aysel… Halil ha perso la vita, vero?»
La domanda fu un colpo. Non gridato, non disperato. Era la resa di una donna che aveva combattuto troppo a lungo contro il destino.
Aysel abbassò lo sguardo. Ogni secondo che impiegava per rispondere sembrava un tradimento. «Sì, mamma… Halil è morto.»
Il foulard scivolò dalle mani di Nihayet e cadde a terra con un lieve fruscio. Quel suono, minuscolo eppure definitivo, ruppe qualcosa dentro di lei. Fece un passo indietro, come se avesse ricevuto un colpo fisico, poi un altro ancora, fino a sedersi sul divano senza quasi rendersi conto di come avesse fatto.
«Dov’è…?» chiese, con voce spezzata. «Dov’è mio figlio? Chi era con lui? Perché nessuno l’ha aiutato?»
Aysel si inginocchiò davanti alla madre, prendendole le mani. «Mamma, ascoltami… Halil non era solo. Ha cercato di difendersi, di mettere al sicuro i documenti che aveva trovato. Sapeva che stava rischiando. E… e quando gli uomini di Bunyamin lo hanno raggiunto, ha fatto tutto ciò che poteva.»
Nihayet chiuse gli occhi. Per un istante sembrò non respirare. «Bunyamin…» ripeté, quasi sputando il nome. «Gli avevo detto di stare lontano da quell’uomo. Gliel’avevo giurato davanti a Dio: lo avrei protetto. Ma lui…»
Le tremò la voce. «Lui credeva sempre di poter cambiare tutto da solo.»
Il silenzio che seguì fu un manto pesante. Poi, qualcosa si incrinò. Non in Nihayet, ma attorno a lei: l’aria stessa sembrava cambiare. Quando riaprì gli occhi, non erano più solo pieni di dolore. C’era qualcosa di più profondo, tagliente, quasi pericoloso.
«Non accetterò questo,» dichiarò, a bassa voce ma con una forza che fece rabbrividire Aysel. «Non accetto che Halil diventi solo un altro nome sommerso dal silenzio di quell’uomo.»
«Mamma, ti prego, non pensare di affrontare Bunyamin…»
«Aysel.»
La interruppe con una calma glaciale. «Hanno ucciso mio figlio. E tu vorresti che io restassi seduta qui a piangere in silenzio? Vuoi che lasci a loro il potere di decidere cosa raccontare, cosa nascondere? No.»
Si alzò lentamente, come se la sua stessa determinazione la stesse sorreggendo. «Halil ha rischiato tutto pur di far uscire la verità. Non permetterò che il suo sacrificio venga sepolto.»
Aysel sentì la paura crescere. «Mamma, sono pericolosi. Hanno occhi ovunque. Se ti esponi, ti colpiranno.»
Nihayet si portò una mano sul cuore. «Aysel, qui dentro non c’è più nulla che possano distruggere. Mi hanno già portato via tutto.»
La figlia le prese il braccio, cercando disperatamente di farla ragionare. «Non voglio perderti anche io.»
Quella frase spezzò, per un momento, la colata di acciaio che sembrava farsi strada nel cuore di Nihayet. Le accarezzò il viso, con una dolcezza che non mostrava da tempo. «Non mi perderai. Ma nemmeno lascerò che la morte di Halil venga dimenticata.»
Aysel la fissò, combattuta tra paura e ammirazione. «Allora fammelo fare con te. Non ti lascio sola.»
Nihayet annuì lentamente. «È quello che avrei chiesto.»
Fuori, la pioggia continuava a cadere, ma il temporale sembrava essersi spostato dentro la donna. E mentre la notte cedeva il posto a un’alba incerta, Nihayet fece un voto silenzioso: sarebbe stata lei a riportare la luce sul nome di Halil. Anche se questo significava attraversare l’oscurità più profonda.
Se vuoi una quarta versione, più thriller, più drammatica o più emotiva, la preparo subito.