La notte nel cuore – Nihayet alla figlia: «Halil ha perso la vita, vero?»
La pioggia cadeva fitta, battendo contro i vetri come se volesse entrare per condividere il dolore che saturava l’aria. La casa era avvolta da un silenzio pesante, interrotto solo dal ticchettio dell’orologio appeso al muro. Ogni secondo che passava sembrava più lento del precedente, come se il tempo stesso si rifiutasse di andare avanti.
Nihayet era seduta sul tappeto, le ginocchia raccolte al petto e lo sguardo perso nel vuoto. Aveva passato l’intera notte lì, incapace di dormire, incapace perfino di muoversi. Sentiva l’arrivo della tragedia come un colpo annunciato, imminente, ma che ancora non aveva il coraggio di affrontare.
Aysel la osservava da qualche metro di distanza. Era arrivata all’alba, chiamata d’urgenza da Emine, la vicina, che l’aveva trovata così: silenziosa, immobile, come se la vita l’avesse lasciata mentre lei continuava a respirare per inerzia. Aveva provato a parlarle, a scuoterla, ma Nihayet non rispondeva. Attendeva. E questo era ancora peggio.
«Mamma…» tentò Aysel, con voce bassa, come se temesse che un tono più deciso potesse frantumare qualcosa di irreparabile.
Nihayet finalmente sollevò lo sguardo. I suoi occhi, arrossati e lucidi, erano pieni di un dolore muto che Aysel non aveva mai visto. Non era il pianto, non era la disperazione esplosiva. Era qualcosa di più profondo: una resa silenziosa al destino.
«Aysel,» mormorò, e la sua voce sembrò arrivare da molto lontano, «dimmi la verità.»
Aysel chiuse gli occhi un istante. Il cuore le martellava contro il petto. Aveva sperato che qualcun altro glielo dicesse, qualcuno più forte, qualcuno che sapesse trovare le parole giuste. Ma non c’erano parole giuste.
«Mamma…» iniziò, ma la voce si incrinò subito.
Nihayet inspirò profondamente, stringendo le dita sul tessuto del tappeto. «Halil… ha perso la vita, vero?»
La domanda rimase sospesa nell’aria come una sentenza. Aysel avrebbe voluto negare, gridare che non era vero, inventare una speranza qualsiasi. Ma non poteva. Sua madre lo sapeva già. Aveva smesso di aspettare un suo messaggio da più di ventiquattro ore. E quando una madre smette di aspettare, è perché nel suo cuore la verità è già arrivata.
Aysel fece un piccolo cenno del capo. «Sì, mamma… Halil è morto.»
Nihayet non urlò. Non svenne. Non reagì come Aysel aveva immaginato mille volte durante il tragitto verso casa. Rimase semplicemente lì, immobile, come se il corpo avesse deciso di proteggersi dal crollo spegnendo ogni impulso.
«Dov’è successo?» chiese, con una calma che faceva male.
«Vicino al porto,» rispose Aysel, sedendosi accanto a lei. «Stava cercando di scappare, mamma. Aveva scoperto delle cose importanti… documenti, prove. Voleva consegnarle, voleva smettere di fuggire per sempre. Ma gli uomini di Bunyamin lo hanno raggiunto.»
Il volto di Nihayet si increspò in una smorfia di dolore, come se ogni parola fosse un colpo di coltello. «Ha sofferto?»
«No,» mentì Aysel, stavolta consapevole che fosse necessario. «È stato veloce.»
Nihayet chiuse gli occhi, e due lacrime finalmente sfuggirono ai bordi delle palpebre. Non erano gridate, non erano violente. Erano lente, silenziose, piene di una dolcezza disperata. «Era mio figlio,» sussurrò. «Il più testardo, il più impulsivo… ma il mio Halil.»
Aysel la strinse, lasciando che sua madre si appoggiasse contro la sua spalla come una bambina. Sentì il tremito che finalmente attraversava quel corpo fino a quel momento rigido, e capì che la corazza stava cedendo.
«Avrei voluto proteggerlo,» disse Nihayet, con un filo di voce. «Ho provato a salvarlo mille volte… e lui si allontanava sempre un po’ di più.»
«Ha provato a tornare,» rispose Aysel. «Questa volta ci stava davvero provando.»
Il silenzio si allungò ancora, ma era diverso. Non più teso, non più sospeso. Era un silenzio pieno di ricordi, di immagini che passavano veloci nella mente di Nihayet: Halil da bambino, Halil che rideva, Halil che sbagliava, Halil che tornava sempre con gli occhi pieni di promesse che non sapeva mantenere.
Quando parlò di nuovo, la sua voce era cambiata. «Bunyamin pagherà per questo.»
Aysel sussultò. «Mamma, non devi…»
«Devo.» Nihayet sollevò il volto, e per la prima volta da ore nei suoi occhi comparve una scintilla di vita. «Non posso restare qui a piangere mentre l’uomo che ha rovinato mio figlio continua a distruggere tutto ciò che tocca. Halil non aveva nessuno… ma io sì. E farò in modo che il suo nome non venga dimenticato.»
Aysel si morse il labbro. «Qualsiasi cosa tu decida… io sarò con te.»
Nihayet le prese la mano. «Allora ci rialzeremo insieme.»
Fuori, la pioggia diminuì, lasciando spazio a una luce grigia ma costante. Era ancora una notte nel cuore, ma per la prima volta, un varco si era aperto.
Se vuoi, posso fare una quarta riscrittura, ancora più drammatica, più romantica, più thriller o più psicologica.